Incorruttibile, luminoso e spesso associato al sole, quasi sempre simbolo di ricchezza e potere, l’oro è uno dei metalli più preziosi al mondo, tanto da essere considerato un bene rifugio. L’oro è duttile e malleabile, non si ossida a contatto con l’aria e non risente dell’azione degli acidi; per questo è uno dei metalli più usati e apprezzati per creare gioielli fin dai tempi antichi.
Le prime tecniche di lavorazione dell’oro sono comparse nell’antica Mesopotamia, dove si usavano per lo più le lamine martellate; in periodi successivi comparvero metodi più evoluti come la cesellatura e lo sbalzo. Una decisa evoluzione dell’oreficeria avvenne in epoca micenea (3000 avanti Cristo), quando le tecniche di saldatura e fusione furono innovate per consentire la realizzazione di oggetti unici. In particolare, l’oro fuso veniva colato per creare pezzi più massicci da trasformare in fili e lamine: ancora oggi viene utilizzato il cosiddetto sistema di presa nella massa, grazie al quale l’oggetto grossolano viene rifinito con scalpelli e lime sempre più minute.
La maggior parte delle tecniche lavorative comparve con lo sviluppo dei commerci e di società ricche, i cui crescenti bisogni venivano soddisfatti da categorie di nuovi artigiani: nacquero così gli orafi. Le lavorazioni a sbalzo furono un’elaborazione dei classici processi di martellatura, in cui alle lamine venivano aggiunte scanalature e righe. Era sufficiente colpire ripetutamente la parte inferiore oppure l’intera superficie dell’oggetto in oro. Successivamente comparve la decorazione a rilievo usando la tecnica dell’incisione e quella della cesellatura: in questo caso si usa uno strumento particolare chiamato cesello, che produce un’incisione sulla superficie in oro fino a creare un disegno più o meno elaborato. Si tratta di uno strumento a punta smussata, che viene colpito dall’artigiano con un martello, mentre per le incisioni si usa un utensile da taglio con il quale si realizzano motivi lineari decorativi mediante l’asportazione di strisce metalliche.
Effetti pittorici anche di notevole impatto estetico si raggiungono con il niello, cioè una polvere di colore nero a base di zolfo, piombo, argento e rame, che viene applicata sulle incisioni. Disegni in rilievo si ottengono anche con la tecnica della goffratura, all’interno della quale riveste una notevole importanza la goffratura repoussé: in questo caso si ottiene un bassorilievo decorativo martellando la lamina d’oro sul retro.
Il metodo ornamentale classico del oreficeria moderna è rappresentato dalla smaltatura, messa in atto applicando uno strato di smalto alla superficie d’oro; quindi il supporto e la rifinitura decorativa sono fusi insieme sottoponendo l’oggetto metallico ad alte temperature. Scoperto relativamente di recente è invece l’opacizzazione attraverso un attacco chimico, che permette di scurire una parte della superficie metallica usando prodotti chimici. Si tratta di un’evoluzione della tecnica di ossidazione, con cui si rendevano opache alcune zone incidendo linee tratteggiate sottili e creando un effetto contrasto. Molto più antiche sono la decorazione a filigrana e il cloisonné: la prima è simile alla granulazione e consiste nell’applicare sulla superficie metallica piccole sfere o perline d’oro. La seconda, invece, prevede la realizzazione di scomparti sugli oggetti usando fili o lamine d’oro sottili: questi vengono poi riempiti con lo smalto.
L’oro è lungamente usato nella gioielleria, tuttavia, proprio per il fatto di essere tenero, viene unito ad altri metalli, così da garantirne una lunga durata. In questo modo si creano le leghe dalle varie composizioni e in cui il titolo (il rapporto in percentuale tra l’oro e gli altri metalli della lega) cambia. In ogni caso la quantità d’oro presente deve essere sempre di 75 grammi ogni 100: per questo viene detto oro 18 carati. Il 25% restante è costituito da altri metalli; in base alla composizione cambia anche il colore della lega e questo effetto collaterale è stato molto sfruttato in oreficeria e gioielleria per creare monili particolari. Ad esempio, per avere l’oro giallo si uniscono argento e rame, mentre l’oro rosso vede l’aggiunta di 25 grammi su 100 di rame. L’oro pallido è formato da una maggiore quantità di argento e da una minore di rame, mentre le percentuali sono invertite per ottenere l’oro rosa.